Il matrimonio della propria sorella è un avvenimento che richiede ben più di una review scritta. Un po’ come l’album delle foto. Ci vorrebbe un album di reviews. Con la carta velina dopo ogni pagina. Nel post-sbornia da “wedding day”, reale e metaforica, nella mia mente annebbiata da alcol e emozioni iniziano a dipanarsi i fatti salienti e le immagini prendono forma. E il primo fatto da raccontare, perché è quello più nitido nella mia testa, è il delirio assoluto che regnava nella tenuta Maggioni, poche ore prima del si.
Tre sorelle più due
testimoni. La notte prima del grande giorno dormiamo tutte insieme in
mansarda. C’è anche Carolina, la damigellina
porta fedi, che la sposa ha avuto nel peccato, due anni prima di maritarsi con il suo papà. Carolina, detta Pipinus, è
super eccitata, fa i capricci da stanchezza infinita e tiene tutti svegli.
Comincia ad albeggiare. Ci siamo. E’ il
momento dei preparativi.
Come da tradizione le
tre sorelle si vestiranno tutte uguali. Al mio matrimonio era stato così,
tre bellissime damigelle di bianco vestite. L’abito è stato scelto qualche mese fa, a Londra, in un negozio low
cost. Sara e io ci siamo caricate sulle spalle la responsabilità. “Tanto siamo fighe, qualsiasi cosa ci
mettiamo andrà bene, e poi al massimo lo impreziosiamo con qualche accessorio
chic”. Detto fatto. Tre abitini
verde acqua da 15 pounds cadauno. Veramente
cheap, ma chissenefrega, tanto siamo fighe. Non lo proviamo, c’è troppa
coda ai camerini. Tiriamo su tre taglie compatibili e via, un pensiero in meno.
La cosa grave è che quell’abito verde acqua
in pizzo da 15 pounds cadauno non lo abbiamo mai provato. O forse si, ma
senza l’ufficialità dell’outfit completo. Tanto siamo fighe.
Ok ok, niente panico. Sono
le 11.45. Dopo essermi smazzata Pipinus per due ore giocando a birilli e
raccontando Biancaneve, Cenerentola, la Sirenetta e Pollicino mentre genitores
accoglievano fioristi e gente varia e le altre sorelle cucivano il coprispalle
nuziale e stampavano mappe per i parcheggi con la sposa al trucco e parrucco, finalmente riesco a buttarmi in doccia e
provare, per la prima volta, il mio abito da damigella. Sono serena, c’è
margine.
Oh. Mio. Dio. Non
posso credere a quello che lo specchio a figura intera mi rimanda. Oh. Mio.
Dio. Mia sorella mi ha dato il compito di salire sull’altare a leggere la prima lettura, dal Cantico
dei Cantici. Oh. Mio. Dio. Sembro una
prostituta. E neanche come una di quelle escort del Ruby Gate, magari. Oh.
Mio. Dio. Non posso, nel modo più assoluto, andare a leggere la preghiera
vestita in quel modo. Sarei radiata
immediatamente dalla chiesa e dal Paradiso. E’ mezzogiorno, porca di quella Ruby. Che fare? O ci vestiamo diverse o dobbiamo trovare al volo una
soluzione. Oh. Mio. Dio.
Un piano B in effetti
esiste. Il meraviglioso abitino di H&M Conscious Collection. Quello bianco e rosa senza spalline con
corpetto in sangallo. In un momento di lucidità lo avevo anche valutato
come alternativa alla “cheapperia” verde acqua. E ne avevo anche fatto comprare
uno a Sara, 19.90 €, al massimo si cambia. Il
piano B ora sembra una realtà. Ma c’è un problema, abbiamo un solo abito in
quel momento, quello di Sara. Il mio è nell’armadio a casa a Milano ma se dovessi
chiamare mio marito, farglielo cercare e portarmelo, andremmo lunghe. E poi ne
manca comunque un altro. Niente panico.
Tanto siamo fighe.
Si avvicina la testimone,
Francesca Cois, serafica e problem
solving. Di solito è il mio pet name, problem solving intendo. Ma sono
troppo agitata. E’ lei la nuova regina. “Ale”
- mi dice “Andiamo da H&M e ne
prendiamo altri due”. Il punto
vendita più vicino a Rho è il Portello. Mi rimetto i jeans e la maglietta.
Sono le 12.35. Il matrimonio è alle 15. C’è margine. Poco ma c’è. Ce la
possiamo fare.
Perdonatemi, se racconterò i prossimi attimi deliranti
senza precisione giornalistica. Troppa la furia in corpo per ricordare
esattamente la sequenza degli avvenimenti. Usciamo di casa come due
indemoniate. Più io che Francesca, in effetti. Mio papà, Enore Giovanni Battista Maggioni, già in ansia di suo, ci vede schizzare fuori di casa e
impallidisce. La sposa e la sua truccatrice ci guardano incredule. Tutto a
posto. Si parte, direzione Portello. Ovviamente
il navigatore non funziona. Tiriamo fuori l’Iphone. Ci concentriamo. Io
guido e Francy naviga. In qualche modo si fa. Un proiettile grigio chiaro in tangenziale. Mi immagino la visuale
dal satellite. E rido, mentre impreco all’auto davanti per la lentezza
esasperante.
Basta così. Diventerei prolissa nel raccontarvi l’ingresso da H&M, le taglie dei
vestiti trovate subito, due paia di ballerine, già che ci siamo, la cassiera
che ci vede sudate e con gli occhi impallati e ci chiede se stiamo bene, gli
insulti allo stronzo che mi ha parcheggiato appiccicato e mi ha incastrato la
smart, la tipa in motorino che stavo per falciare, l’arrivo trionfale nella
tenuta Maggioni, la fase trucco-capelli che neanche Usain Bolt. Ce l’abbiamo
fatta. Sono salita sull’altare con gli occhi gonfi post ingresso in chiesa della sposa al braccio di Enore Giovanni Battista Maggioni e con Pipinus accanto. Ho la
voce un po’ spezzata. Ma ho il mio
abito confetto bianco e rosa. Con corpetto di sangallo. Davanti la sposa, bellissima e con uno sguardo che non le
avevo mai visto. Di fianco a lei, le altre
due damigelle. Con lo stesso abito confetto bianco e rosa con corpetto di sangallo. E con uno sguardo di incoraggiamento. E alla mia destra le testimoni.
Una in particolare. Che mi strizza l’occhio. Tanto siamo fighe.
sempre siete fighe!!!!!!
RispondiEliminatanto amore maggioni's
b.