Niente panico. Non copritemi di insulti prima di aver letto.
Mi rendo conto che una citazione
dantesca come titolo di un post non è affatto da me. Sono in prima linea
quando c’è da sfottere quelle noiosone
intellettualoidi, vere o presunte che siano, tutte atteggiate a parlare di
cultura e a darsi un tono. Molto meglio
il low profile, come ho già ripetuto centinaia di volte. Molto meglio parlare di cose leggere,
frivole, divertenti. Come dare torto, dopotutto, a chi preferisce leggere
qualcosa di poco impegnativo invece che un approfondimento su Dante?
Lo so che non si direbbe. Da buona Brooke Logan della vallata che su Facebook posta solo
apprezzamenti per gli Ape Escape, idoli puri di XFactor, e vaccatine varie, è difficile pensare che possa intitolare un
post del mio blog - che a sua volta si intitola Rumor has it that, si vocifera
che - al verso 137 del V canto dell’Inferno
dantesco.
Eppure c’è stato un
tempo in cui il buon vecchio Dante accompagnava le mie notti insieme a thermos
di caffè. In quel poco spazio che mi rimaneva tra pallavolo, lavoro e
discoteca, naturalmente. L’esame di
letteratura italiana, alla facoltà di lettere, è quello che ti toglie il sonno,
un po’ come il mal di denti. Un incubo. Uno scritto impossibile. Ho visto
gente disperata dopo averlo provato 8 o 9 volte. Quasi peggio che l’esame di
stato per diventare notaio. O avvocato. Poi c’è la volta che riesci a
imbroccare qualche figura retorica o la parafrasi, passi lo scritto e accedi
all’orale. Ci sono riuscita al secondo
colpo. Una vera fortuna. E il corso monografico di quell’anno era sull’Inferno Dantesco. Unito al
programma tradizionale del primo orale di letteratura, ovvero, tutto lo scibile da Francesco D’Assisi ai
giorni nostri. Facile.
Ebbene. Arrivo all’orale terrorizzata. Mi boccia dopo 5 minuti esatti.
Non so da quale diavolo di parola derivi “Cocito” e tentenno di brutto sulla
relazione tra Maometto e l’Antico e Nuovo Testamento. Sono demoralizzata e prosciugata ma mi presento all’appello successivo.
Mi fa le stesse, identiche domande. Trenta
e lode. Dopo un’ora e mezza sotto torchio. Cammino sull’acqua. Altro che Antico e Nuovo testamento.
La scorsa settimana ci
ho dato dentro con la cultura. Anteprima della mostra di Warhol con tanto di imbucamento al cocktail con Mr Brant, proprietario dell’intera
collezione esposta e sposato con una gnocca stellare, la ex top model
Stephanie Seymour. Un concerto di
Beethoven alla Scala. E una citazione
dantesca. Tranquilli, ho ben compensato con Pechino Express, XFactor e, addirittura, Miss Italia su La7. Niente
di grave.
Divagazioni a parte, torno
sul titolo del post, Galeotto. Oggi, lunedì 28 ottobre, 2013, annebbiata da
una cura antibiotica e in procinto di cavare un dente malato per porre fine
alla mia sofferenza, ho deciso di essere
un po’ Renée Michel, portinaia del numero 7 di rue Grenelle de l’eleganza
del riccio. Non ho un gatto che si chiama Lev ma una curiosa rivelazione sulla reale derivazione del consueto modo di dire “Galeotto
fu”.
Il canto V è uno dei più belli dell’intera Divina Commedia. E’ il canto di Paolo e Francesca,
quello di “Amor ch’a nullo amato amar perdona”, quello de “La bufera infernal,
che mai non resta” e di “Quali colombe dal disio chiamate”. Poesia pura. Renée Michel ha i
brividi. Ma Galeotto, chi era?
Paolo e Francesca stanno leggendo la storia di Lancillotto e non riescono a trattenere il loro impeto amoroso quando arrivano al punto in cui Lancillotto si innamora della regina Ginevra.
“Quando leggemmo il disiato riso
Esser baciato da cotanto amante
Questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante”.
Galeotto non è altri
che Galehaut, nel ciclo arturiano il
siniscalco della Regina Ginevra, moglie di Re Artù, che stimolò Lancillotto e Ginevra a rivelarsi
il proprio amore. Il libro, nella trasposizione dantesca, assume quindi la
funzione che fu propria di Galeauth: fare
si che Paolo e Francesca, cognati, cedano alla furiosa passione d’amore e
vadano incontro alla propria sanguinosa e infernale sorte.
Giuro che ho finito. Tra
poco inizia Beautiful.
Ciao Ale,
RispondiEliminabel post. Sarà che anche a me piace Dante ma anche...Pechino Express e XFactor ;-) Ricordo anche io l'esame dell'università di letteratura. A me avevano chiesto la morte di Clorinda dell'Orlando Furioso ed era andata bene. Però insomma non è speciale che dopo anni ci si ricorda ancora certi "panico e paura" andati a buon fine? Ma sopratutto che si ricordano cose che per i più possono essere noiose ma che a noi regalano sempre un segreto piacere? Secondo me si!
Buona giornata ;-)
Ciao cara Michy, non dirlo a nessuno, ma io con l'inferno di Dante e con i canti di Leopardi ci vado a letto!!!! Un bacione
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