Si lo so. Avevo promesso che non avrei trasformato il blog in un banale diario di mamma. Di
quelli che ce ne sono già troppi. Di quelli pieni zeppi di sensazioniemozionilacrimegioiaconsiglinonrichiesti. Non che abbia
qualcosa contro i blog delle mamme. Qualcuno è anche brillante. Ma non è per
me. Detto ciò, avendo una figlia, con un nome
altisonante e, diciamocelo, un tantino radical
chic, raccontare fatti estemporanei, colti al volo e trasferiti sui tasti,
non può prescindere dal fatto che ci sia lei. Costanza. Cioè, Costanza
Alma Teresa.
Eh già. La poverina ha tre
nomi. Suo padre è corso all’ufficio anagrafe della Mangiagalli prima che io
potessi riprendermi dal meraviglioso rincoglionimento dell’epidurale e dall’adrenalina
del parto. Costanza. Perché se lo è
meritato. Alma. Perché era la sua
bisnonna paterna da parte di nonna. Teresa.
Perché era la sua bisnonna paterna da parte del nonno Ezio che ha avuto la possibilità di prendere in braccio la
sua piccola nuova nipote per poi volare in cielo quasi subito dopo. Quanto ci manca.
In realtà volevo parlarvi di quella che è sempre stata fino
ad oggi la mia serata preferita.
Quella del venerdì. Credo di avere
scritto anche un post su Facebook,
recentemente. In un venerdì sera delirante di gennaio. Perché la signorina
Costanza Alma Teresa Toniatti, detta Connie,
Ciupiulus, Cius, Coccolina, Connozzo, Connone, Connina, Connielove, Amore
dolce, Cocco, CAT, Con Con, ha deciso di ammalarsi esattamente dal 30
dicembre al 30 gennaio. Da esaurimento
nervoso. Con puntatina alla clinica
De Marchi il 5 gennaio per un focolaio da bronchiolite. E mi ha fatto pure
saltare la gita a Londra, Con Con, l’amore
dolce della mamma, con tutta la mia famiglia a carico della zia Sara perché zio
Kitoff era fuori dalla cuglia. Detto alla maggionese. Porca Puttana. Con la P
maiuscola.
Il post era questo – Control C, Control V -: “Una
volta, il venerdì sera, dopo l'allenamento pre partita, io e le mie migliori
amiche ci mettevamo le calze a rete sotto la tuta, fingevamo di andare a casa a
dormire e a concentrarci sulla gara, ci cambiavamo nel cesso del mc donald’s e
andavamo in discoteca fino alla mattina. Ora le mie migliori amiche sono la
tata e la pediatra. #odiolinverno #voglioandareaviverealmare #vaffanculoallabronchiolite #porcaputtana”.
A parte il porca
puttana, con la p minuscola, con tanto di hastag,
il venerdì sera, una volta, insieme alla mie amiche Barbara Merlini e Tamara Gorla fisse, con Alice Carrer, Valeria Vigoni e Mariachiara Brambilla detta zia, itineranti,
dovevamo fare i numeri per poter sfangare i controlli rigidi di allenatore e presidente
e goderci la nostra nottata milanese top.
Perché – in teoria – eravamo delle
atlete di serie B1, semi professioniste. Pagate persino. Poco, diciamo un
simbolico rimborso spese, ma pur sempre pagate. E in quel di Novate si faceva
sul serio. Il sabato era il giorno della
partita. Allenamento di rifinitura il venerdì, light dinner e tutte a
riposare. Ma tamaragorlabarbaramerliniioecceteraeccetera avevamo vent’anni o
giù di lì. E il venerdì sera milanese
era una sirena troppo allettante. Quindi dovevamo inventarci il piano B.
Il piano B non era particolarmente
fantasioso. Dovevamo solo aggirare la Gestapo. Una polizia
segreta che mandava in spogliatoio la figlia cinquenne del nostro capitano per
farsi riferire cosa stessimo programmando per la serata. Probabilmente le prometteva dei ciuppa ciuppa. Sta venduta. Il
nostro presidente conosceva le sue polle. Soprattutto Tamara Gorla, capo pollaio,
nata e cresciuta tra la Getsapo novatese. Ma noi eravamo troppo furbe e
motivate per farci fottere da una chimera di ciuppa ciuppa.
Quando Chiaretta,
la tenera bimbetta cui era stato promesso un anno di abbonamento ai ciuppa
ciuppa, entrava in spogliatoio, fingevamo
di parlottare di quanto fossimo stanche e provate, del misero panino che ci
aspettava al Mc Donald’s di Cormano,
e della voglia di andare immediatamente a riposare. In realtà, avevamo già
infilato le calze a rete sotto la tuta
e messo il tacco 12 e la gonna inguinale in una busta di plastica. E al Mc Donald’s ci andavamo per davvero.
Quando ancora lo stomaco ventenne teneva botta ed era in grado di digerire senza impegno quel
mix diabolico di Junk Food. E nello
spazioso bagno del Mc Donald’s di Cormano - quello sulla Milano-Meda, per
intenderci - avveniva la trasformazione. E poi via, direzione Corso Como sul Vitara. Di Tamara Gorla. La tigre. La tigre del Vitara.
Mi manca il venerdì
sera? Si, mi manca. Sono leopardiana
e ferocemente aggrappata all’illusione giovanile. Mi manca tutto, anche il
Big Mac con la cipolla e il cetriolo. Anche se adesso il mio stomaco quasi
quarantenne non è più in grado di digerirlo. E nemmeno il mio culo. Di quasi quarantenne. Mi manca ma non
farei cambio. Perché Costanza Alma Teresa Toniatti è in buona compagnia. C’è
Ryan Gorla Zaccone, quasi 7 anni. C’è Lola Rafales Merlini, quasi 6. E c’è lei.
E se lei non ci fosse io starei naufragando in questo mare. Un naufragar che non m’è poi così dolce.
E mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei.
#porcaputtana
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