Una volta, ai tempi delle elementari, funzionava che la
maestra ci mandava a turno alla lavagna per farci segnare con il gessetto i buoni e i cattivi. C’erano due colonne.
E c’era quell’odioso stridere del gesso sullo stato allotropico del carbonio. Grafite.
Non ho mai capito lo scopo
pedagogico di dover dividere gli alunni in due categorie così ben definite.
Se dovessi pensarci ora, a bocce ferme, attribuirei il fatto ad un escamotage della maestra per tenerci calmi in una pausa caffè. O
in una pausa sigaretta. In caso la maestra fosse una fumatrice.
La categorica divisione tra buoni e cattivi è tornata prepotentemente in auge
recentemente, durante un viaggio on the road a bordo di una berlina.
Succede che ci si trova a chiacchierare
con un amico, sui sedili anteriori. Anzi, da sedile anteriore - lato
guidatore - a sedile posteriore. Attraverso lo specchietto retrovisore. Dato
l’inquinamento acustico crescente e
il rischio “ciocco” per l’impercettibile voltarsi del conducente in order to
listen better, l’occupante del sedile anteriore mi ha chiesto un cambio volante. “Così vi parlate tranquillamente e io posso dormire”. Detto fatto.
Il conducente sta passando un periodo di merda. Si può dire?
Merda intendo. Io ho appena superato un periodo di merda. Di quella bella densa. Ora ho la testa fuori. Navigo a vista ma
almeno respiro. Si sviscerano temi. Gli racconto le mie teorie sull’umanità, gli parlo di macchie di vita, di gabbiani
che volano a mezz’aria, di amicizia, di intelligenza globale,
di profezie autoavverantesi. Mi ascolta. Poi irrompe nelle mie sproloquianti
elucubrazioni con la storia dei buoni e dei cattivi. Fa breccia. Questa mi manca.
Mi dice di aver realizzato, in questo momento doloroso della
sua vita, di aver sempre basato e
impostato tutto sulla divisione netta tra buoni e cattivi. Senza vie di
mezzo. Stiamo parlando a cuore aperto, ormai. Non so bene come ci si è
scivolati dentro. Probabilmente è un’empatia
da navigazione nella merda densa. Lui è più sensibile, ci sta nuotando. Io sono un po’ più lucida, me la sono appena spazzolata via dalle vie respiratorie.
Esistono i buoni.
Che non sono propriamente quelli che non dicono mai nulla, a cui va sempre bene
tutto, non litigano mai, non cercano lo scontro, rispondono sempre si. Quelli
non sono buoni. Che già il concetto di
altruismo è complesso e colmo di sfaccettature. In un gesto altruistico,
credo, c’è sempre un fondo di radicato
egoismo. L’altruista palesato non fa qualcosa per gli altri. Lo fa per se stesso. Per un riconoscimento sociale. Per colmare un vuoto esistenziale. Per un senso di colpa. Per un senso e basta. Però i buoni, quelli
veramente buoni, esistono. Ho visto il
loro cuore. E’ pulito,
nonostante la sozzura della vita, del mondo. Sono gli altruisti silenziosi. Quelli che fanno qualcosa per qualcun altro senza che quel qualcun altro se ne
accorga. Quelli che desiderano il
bene degli altri a prescindere dal proprio. Quelli che non sono invidiosi. Quelli che vedono
il bicchiere mezzo pieno e che gioiscono
delle cose semplici. Quelli che patiscono la fame e gli stenti ma dividono comunque a metà il loro tozzo di
pane. Quelli che ascoltano il tuo
grido soffocato. Quelli che, a loro volta, leggono il tuo cuore. In braille.
E poi, esistono i
cattivi. Che non sono necessariamente gli stronzi, quelli che rispondono sgarbatamente, mettono il muso, ti
rimproverano, cercano lo scontro a tutti i costi, rispondono sempre no. Quelli non sono cattivi. Che già il
concetto di cattiveria è complesso e colmo di sfaccettature. Ah. I cattivi palesati indossano l’armatura
medievale. C’è proprio tutto, elmo,
gorgiera, corazza, spallaccio, rotella, manopola, fiancale, cosciale. Si difendono dalla sozzura. Sono belligeranti per natura, non cattivi. Parano i colpi a suon di scudi. Però i
cattivi, quelli veramente cattivi, esistono. E non sono neppure i Bassotti o Gambadilegno. E nemmeno
Gargamella, Joker, Jack Torrance di Shining o Hannibal Lecter. Ecco sì, Hitler e Stalin si. Per esempio. Ma
quelli più che cattivi erano completamente folli.
I cattivi veri sono i subdoli.
I meschini. I malvagi. Gli invidiosi.
Gli avidi. Gli oppositori degli eroi. La stessa derivazione etimologica definisce
il cattivo. Captivus diaboli. Prigioniero del diavolo. I cattivi sono quelli
che vogliono il tuo male a prescindere
dal proprio. Così, gratuitamente.
Sono quelli che fanno leva sui tuoi
nervi scoperti per annientarti. Quelli che usano le tue debolezze per deriderti. Quelli che approfittano del tuo cuore pulito.
Quelli che si servono di te per il proprio
interesse. Quelli che ti espongono a
pubblico ludibrio per far ridere gli altri. Quelli che ti fanno sentire piccolo per non sentirsi piccoli. Quelli che tradiscono la tua fiducia. E sono
puniti nel Cocito dantesco.
« Per ch'io mi volsi, e vidimi davante
e sotto i piedi un lago che per gelo
avea di vetro e non d'acqua sembiante »
Lo rassicuro. Lui per
me è tra i buoni. E lo ringrazio. Per
avermi permesso di leggere il suo cuore. In braille. Ma con un tum tum così potente da svegliare
l’occupante del sedile posteriore.