Durante i miei sempre più approfonditi studi sul genere
umano, ho appreso, con consapevole fastidio, che il senso dell’umorismo è una dote prettamente maschile. Mi
spiego. Fateci caso, siete a una cena, o a una festa, con un gruppo di amici,
maschi e femmine, diciamo in numero pari. I
mattatori della serata, quelli più simpatici, più brillanti, con la battuta
pronta, gli scippatori di risate argentine, sono quasi sempre uomini. Una donna
che fa battute, anche un po’ sguaiate, risulta quasi sempre volgare. Al maschio
invece è concesso. Poi, per carità, ci
sono le donne argute, quelle che riescono a cogliere l’ilarità generale pur
rimanendo bon ton. Ma sono eccezioni. Eccezionali.
Probabilmente nell’emisfero
cerebrale che regola il senso dell’umorismo femminile c’è il vuoto. Un’eco
assordante riempita dalla sensibilità, l’empatia, il senso materno, la
propensione allo shopping, alle borse, alle scarpe, ai Lares Familiares. Ma il
senso dell’umorismo proprio no. E’ rimasto nella culla accanto al fiocco rosa.
Quindi, a corollario di tutto ciò, si dovrebbe dedurre che tutti gli uomini siano dotati, in dose più o
meno variabile, di senso dell’umorismo. Dote che, come detto, alle donne è
per lo più preclusa. Certo, esistono anche uomini antipatici. Ma gli antipatici non mancano di senso dell’umorismo.
Solo decidono di non servirsene per essere ancora più odiosi. Gli antipatici sono cognitivamente
atteggiati verso una forma di avversione generalizzata nei confronti di
qualcosa o di qualcuno. Gli antipatici sono personaggi schivi, hanno lo
sguardo incazzato e sono sempre di cattivo
umore. Oppure parlano troppo, sono invadenti, hanno un ego ingombrante e non hanno il senso della misura. Gli antipatici
sono quelli che non sono assolutamente
popolari. Ma il senso dell’umorismo c’è. Nascosto. Ma c’è.
Tra i simpatici e gli antipatici esiste un’altra categoria
che non viene presa in considerazione e che non viene neppure definita. Il NON SIMPATICO. Che è totalmente
diverso dall’antipatico. Il non
simpatico si sforza di piacere alla gente, si sforza di fare battute per suscitare
risate perché necessita di approvazione sociale. E’ affabile, ha buone
maniere, spesso è di classe sociale elevata, ha un Q.I degno del M.E.N.S.A,
buona cultura e una posizione professionale invidiabile. Ma non ha un briciolo di senso dell’umorismo. E’ rimasto nella
culla di fianco al fiocco. Azzurro.
Secondo la basilare teoria
matematica degli insiemi, imparata alle elementari, ogni insieme ha un suo sottoinsieme. E anche la categoria del Non Simpatico ha il suo bel sottoinsieme. Ci sono
i non simpatici che, per loro sfortuna e non per loro colpa, provengono da retaggi regionali che per
forza di cose non li rendono simpatici. Piemontesi e Trentini su tutti. Pur
concedendo licenza a un marito trentino e a un caro amico piemontese. Ah, e
anche a mio suocero, trentino puro, con senso dell’umorismo purissimo.
Eccezionalmente eccezionale.
Poi ci sono quelli
che vogliono fare a tutti i costi i brillantoni. Ma che cercano di farlo pescando
nel loro repertorio di tormentoni rubati a Zelig, Colorado Cafè e similari,
usando frasi tipo: “Sono talmente stanco che mi devi raccogliere con il cucchiaino”,
e, per i più retrogadi, mimando il verso di fantozziana e fracchiana impronta
tipo “Scusi
lei, abbia pietà” o “mi si incrociano i diti” e roba del
genere. Da rabbrividire.
Infine, ahimè, ci
sono i maestrini. Che poverini cercano in tutti i modi di fare i socievoli,
di ricordarsi come ti chiami e che lavoro fai, di raccontare aneddoti che, con
il dovuto tono, potrebbero pure essere divertenti, ma che quando li contraddici o per sbaglio ti distrai cambiano la voce
tipo gli adolescenti con il primo baffo, diventano striduli e isterici e si
mettono in cattedra per essere ascoltati smascherando il loro essere Non
Simpatico. Che forse poi sono anche i peggiori del sottoinsieme. Ma in
fondo fanno tenerezza perché ci provano ma non ce la fanno. Non ce la fanno
proprio. Evviva il Non Simpatico. EnneEsse. Per gli amici.