Avevo pochi mesi di vita quando mi è stata diagnosticata la psoriasi. Niente di grave, una malattia psicosomatica cronica, tutto qui. Ho preso coscienza della cosa a 14 anni, in prossimità dell’esame di terza media. Una bella chiazza rosastra e squamosa sulla coscia sinistra. Ha esordito con un puntino fino ad allagarsi a dismisura. Il biglietto da visita dello stress da esame. All’epoca, alla fine della scuola si stava al mare per almeno tre mesi. Da giugno a settembre. E dopo aver girato per tutti gli studi specialisti della provincia milanese, tra dermatologi, psicologi, naturopati e compagnia bella, l’unica cura possibile per la mia chiazza squamosa sempre più larga, l’unica e sola medicina, era passare più tempo possibile al mare. Il sale è decappante. Il sole guarisce la ferita appiattita dal sale del mare. E la mia psoriasi è miracolosamente e completamente guarita.
Il secondo episodio si è manifestato sulla mia pelle a 26
anni. Poco dopo aver conosciuto mio
marito. E poi dicono che stare in coppia sia fonte di serenità e
equilibrio. Mah. Ora di anni ne ho trentasette. E quel piccolo puntino non è
mai andato via e si è allargato fino ad essere un quadrello di dieci centimetri per cinque. E’ fisso. Da undici
anni. Non è mai guarito. E’ su entrambe le gambe, appena sotto il ginocchio. Ogni estate lo tengo a bada con il mare e
il sole. Ma non mi basta. Torno a Milano ed è sempre peggio.
A luglio mi sono
fatta visitare da un luminare. Niente di nuovo. Diagnosi confermata. E
anche la cura. Mare. Sono riuscita a partire solo l’11 agosto, direzione sud Sardegna. Beatitudine immediata. Ma
due settimane non bastano. Ci vuole almeno un mese. Porca miseria, mi tocca
proprio una brutta cura. Il mare. Scelgo
il mio buen retiro nell’isola di
Sant’Antioco, località Maladroxia. Mi prendo una stanza in un albergo a 100
metri dal mare. Sono da sola, mio marito, suo malgrado, ha incombenze
lavorative a Milano. Io, fortunella, posso lavorare da qui.
Vengo letteralmente
adottata dai proprietari dell’albergo, Patrizia e Francesco, deliziosi.
Sono qui da sola, senza macchina, con due biciclette e un vero e proprio trasloco di valigie, utensili e oggetti vari,
visto che sono in giro da un mese. Mi
mettono a disposizione il garage dove ricovero tutta la mia roba. Patrizia mi presta il phon, Francesco mi
sistema la sciacquone del bagno, i loro bambini e Lucky, il loro cane, mi
sorridono, amabili. E’ come essere a casa. E poi c’è la sorpresa della
cucina. Sublime. La signora Rita prepara
dei piatti da leccarsi il baffo. E leccarsi il baffo con la brezza marina e la
luna piena è da manicomio.
Ha piovuto. Per
tutta la domenica. Ma poi è uscito
l’arcobaleno. Ho messo le gambe in acqua. La mia pelle sta guarendo. E stare sola non è così male. Io e i miei calamari fritti cucinati da Rita.
Il mio Ipad. Patrizia e Francesco. E la luna piena. Tornerò a Milano con una
macchia biancastra e ridotta. E con il cuore più ricco.
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