Pezzi di sè sono stati sviscerati.
Tu mi hai vista.
Io ti ho visto .
Ci siamo riconosciuti.
Fuori da una insopportabile
sovrastruttura.
E la mia anima vibrava nuda.
In quel cielo autunnale che non è ancora pregno d'autunno.
Libertà assoluta.
Non esistono regole. Non esistono retaggi. Non esistono
limiti
sociali.
Lo scrigno è stato aperto. Mi hai vista veramente. Fragile.
E
in balia degli eventi. In una realtà in cui intorno non
esiste nulla.
Solo quella dimensione.
E io ti ho visto. Un' anima gentile. Un contenitore carino.
Ho visto un mondo inespresso dentro di te. Mi è bastato un
attimo.
Ho visto qualcosa di mai detto.
Un reprimersi costante per un forte senso di responsabilità.
Il bisogno di rete di protezione.
Un' inquietudine che viene da lontano.
Ho sentito il ringhio sommesso.
Il dolce discorrere. Il dolce assopirsi del livello di
guardia. Il dolce profumo d'autunno.
Poi lo scrigno si richiude e la sovrastruttura sociale
ricomincia a predominare.
E il mondo torna ad essere quello in cui si è incasellati.
Quel senso di assoluta libertà è nuovamente inafferrabile.
Lei si chiama Miss Hide. E' sempre esistita. Giace nello
scrigno.
Se ne sta quieta per la maggior parte del tempo.
Le stagioni si avvicendano e lei riposa, immobile.
Poi, improvvisamente, arriva l'autunno. Arriva il vento. Un refolo
paralizzante.
E la signorina Hide si desta dal suo torpore ed emerge.
E’ completamente priva di qualsiasi regola. Predomina.
Si muove senza rete, danzando attaccata ad un filo di ragno
dal quale non le importa di cadere.
Uno Sturm Und Drang di passioni. Allo stato puro.
Miss Hide è borderline. Vive ai margini dei limiti etici.
Come un'ombra. Un'ombra scissa da sè.
E' buio là fuori. E' freddo. Freddo vero.
Il torpore delle viscere è più rassicurante.
C'è buio anche lì dentro, nello scrigno. Ma è un caldo,
caldissimo buio.
Poi il fuoco comincia a divampare. La luce inonda le
viscere.
Solo il vento può sedare quell'ardore. In un
conflitto eterno per non soccombere.
Lo scrigno è semi aperto ormai.
La signorina Hide osserva, aspetta, senza fretta.
Le viscere iniziano il loro incedere, l'inquietudine sale.
Dormiva, recuperava energia.
Poi qualcuno ha cercato di forzare lo scrigno.
Si stiracchia. Sbadiglia. Attende che il vento diventi
tempesta.
Il lupo fiuta il vento e scruta, scandagliando le fessure
dello scrigno,
inebriando il suo istinto selvaggio,
individuando la fonte da cui abbeverarsi, la preda di cui nutrirsi.
Le paure ataviche svaniscono.
Il filo di ragno è una solida sicurezza ma anche
un'affascinante sirena.
Stabilire un legame per poi librarsi nel vuoto. Appeso.
Senza paura di cadere.
Il ringhio sommesso si fa largo. Ora il cielo tuona. L'aria
è ebbra, ubriaca di quel ringhio.
Il fuoco corre, cullato dal vento.
La gola brucia.
Gli occhi si trasformano e diventano vitrei.
Contestualmente inespressivi e carichi di vita. Una
contraddizione costante.
E l’ombra prende corpo.
Il vento infuria.
Una tempesta di vento.
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