mercoledì 20 giugno 2012

Bachelorette Party. Vero. Seconda parte, l’epilogo.



La futura sposa, Emma Caronni, seppur bendata, non ha vomitato. Le premesse sono ottime. Anche perché dovrà fare il pieno di cupcakes. Le ragazze arrivano, alla spicciolata. La prima è Anna, detta Nina, che mi sbalordisce per il suo sguardo verde smeraldo montato su una faccia bellissima. Ha 24 anni è la più giovane della combriccola. Poi Giulia, che di anni ne ha 26 e ha l’occhio tendente al turchese. Io sono in ciabatte, ho le gambe cineree e massacrate dalla dermatite, la ricrescita da colpo di sole che latita e l’ascella che già inizia a cedere per l’emozione e il gran caldo. E sono la più anziana, anzi no, stanno arrivando Kikka e Vane, 20 maggio 1974. Entrambe.

Vanessa chiama, sono in Buenos Aires. 
Sale l’attesa. Parcheggiano. 
Giulia, Nina e io ci precipitiamo sul balcone 
per goderci la pantomima dell’trionfale ingressoMa l’olfatto di Emma non la abbandona. Riconosce l’odore dell’ingresso di casa mia. Eppure i fiori sono freschi, non capisco. Siamo pronte, via la benda dagli occhi, per fortuna la sposa, futura, ce li ha scuri, iniziavo a sentirmi persa in un mare smeraldo tendente al turchese anche se le due anziane Vanessa e Kikka hanno l’iride azzurro cielo, ma sono anziane.


La prima tappa nel dettagliato programma 
prevede una lauta merenda a base di cupcakes
Sono tutti lì, deliziosi e anelanti, sull’alzatina di cartone. 
Tranne uno, quello della sposa, futura, che è tutto di cioccolato e si distingue dagli altri perché ha un nastrino lilla
Emma ci tuffa la faccia e la sua espressione cambia
La serotonina fa sempre il suo porco lavoro, dopotutto. Inizia la presentazione delle sorprese. Prima il book. Emma appoggia il suo cupcake addentato a metà. Ha la punta del naso sporca di cioccolato. Deliziosa. Sfoglia il libro, viene obbligata a leggere ad alta voce, tutte vogliono vedere le lacrime. Niente. A parte lo sfondo color caramello il book non contiene serotonina.

Bene. Fino ad ora abbiamo scherzato. Adesso arriva la parte divertente. Prima la maglietta e poi il velo che le strappano un mezzo sorriso. 
Dovrà indossare entrambi, insieme ai palloncini che Nina mi ha aiutato a gonfiare, legati ai polsi e alla cintura. La prossima tappa è lo shopping ma lei non lo sa. Indovina in un nanosecondo, stiamo andando da Zara. La presuntuosa e arida Milano accoglie la sposa, futura, con indifferenza. E lei gradisce, quatta quatta. Nessuno sembra fare caso ad un gruppo di squilibrate che fanno da cornice ad una cristiana di unmetroeottantatrè con un velo improbabile, una maglietta emblematica e un paio di shorts in denim con dei palloncini alla cintola. Il commento più curioso che riceve le arriva da un signore di mezza età che la guarda stranito e dice: “stai andando a fare la prima comunione?”. La risposta arriva diretta e puntuale: “no, la seconda”. Abbiamo le convulsioni dal ridere, lì, in mezzo alla strada. Il signore era serio.

Da Zara tutto bene. Dovrà scegliere l’abito che più le piace con una sola regola, rigorosamente bianco. Le proponiamo cinque o sei outfit che potrebbero andare bene. Il commesso metrosexual ci fa entrare in massa in camerino, niente foto però. Siamo tutte d’accordo per un abitino di pizzo, molto romantico. Poi Vanessa sfodera il colpo di genio e con la coda dell’occhio azzurro cielo vede una tuta intera, per gli esperti Jumpsuit, bianca virginale, con un inserto trasparente sul décolleté. E’ la sua.

Torniamo a casa, ci scoliamo un litro d’acqua, ci rilassiamo un attimo e siamo subito operative per la vestizione pre cena. Si vede che siamo quasi tutte ex pallavoliste con anni di allenamento nel prepararsi in tempo record per l’uscita del sabato dopo la partita. In due minuti esatti siamo pronte. Nina trucca la sposa, futura. Il risultato è meraviglioso. Si va. Il ristorante, come promesso, è tutto per noi. Emma è rilassata e a suo agio, mangiamo e beviamo in quantità. Poi l’ultima sorpresa. Il torneo di biliardino con tanto di tabellone con girone vincenti e perdenti. Scegliamo le squadre in modo del tutto democratico. Il destino vuole che io capiti con Kikka, l’altra anziana del 20 maggio 1974, con l’occhio azzurro cielo. Me la ricordo quando giocava. La sua trance agonistica era pari alla mia. E per puro caso capitiamo insieme.

Inutile dire chi ha vinto. Con una galoppata trionfale risalendo dal girone perdenti, Kikka e io arriviamo in finale. Le altre si lamentano, non sanno proprio perdere, sono convinte che abbiamo barato. Dicono che rulliamo, che siamo disoneste, che stordiamo le avversarie con urletti che neanche la Sharapova in finale al Roland Garros. Giochiamo contro la sposa, futura, e la sua compagna Iva, acqua cheta che, zitta zitta, ha fatto rimbombare il rumore del gol fino in Corso Como. Inizia a sudarmi il baffo per la tensione. Abbiamo il tifo contro, chissà poi perché. Sul punteggio di 8 a 6 per noi Kikka la mette con il portiere. Scoppia l’urlo liberatorio. Campioni del Mondo.

La sposa, futura, è felice, anche se ha perso. Ci congeda abbracciandoci una per una. La prossima volta che la vedremo avrà un altro abito, di un colore di un bianco indefinito, non abbiamo capito esattamente di che nuance. Grazie, Kikka, Vane, Mony, Nina, Giulia, Lucy, Iva, e anche a tutte coloro che non sono riuscite ad esserci ma che comunque c’erano. Per la realizzazione del Bachelorette Party e per essere riuscite, se non a farla commuovere, a far sorridere la sposa. Futura.

lunedì 18 giugno 2012

Bachelorette Party. Vero. Prima parte, la preparazione.




Organizzare feste di addio al nubilato per le amiche è diventata un’abitudine consolidata. Dopo il finto Bachelorette Party in onore di Emanuela Messina, ne ho organizzato uno vero, cioè, per una vera futura sposa, Emma Caronni, pronta per l’altare e per i fiori d’arancio il 29 giugno.

Tutto è iniziato con una serie di idee che si sono sedimentate nel mio piccolo e danneggiato cervello cercando lo spazio per evolversi. Che cosa le piacerebbe? Quali sono i suoi passatempi preferiti? Che cosa la farebbe rimanere delusa? Come riuscire a mettere insieme le esigenze di quindici persone diverse? Niente panico, spingo le idee ai lati del cervello. L’area prefrontale, già vuota di suo, ha appena subito una miracolosa schiarita nella nebbia costante e fitta. Sono temporaneamente abile, prima che la nebbia torni, il vuoto si può solo riempire. Ce la posso fare.

Primo passo. Procurarsi una lista con le amiche che vorrebbe invitare. Ricordarsi di chiedere numeri di telefono, mail e contatto facebook. Emma aiuta il mio povero limitato cervello e mi prepara una lista in excel, con tutte le informazioni. Fiuuuuuuuuuuuu. Fatto.

Secondo passo. Scrivere e-mail a tutte le amiche con un programma generale. Chiedere se sono d’accordo con le proposte fatte e di farsi avanti con ulteriori proposte. Prendere il foglio excel di Emma e iniziare a segnare con delle crocette i si e i no. Sembra facile.

Terzo passo. Ideare il programma generale. Si vede che la nebbia si è diradata bene perché lo stream of consciousness fluisce che è un piacere. A pranzo con la mia amica Barbara Ceni parliamo di una festa di addio al nubilato cui lei ha partecipato la sera precedente e mi fornisce una dritta geniale, che si incasella perfettamente nel programma che mi si sta disegnando tra la fuliggine. Le amiche della sposa le hanno regalato un abito da indossare la sera della festa. Fantastico. La giornata si svilupperà in questo modo: una merenda a base di frutta e cupcakes, la sua passione, a casa mia, in qualche modo butterò fuori mio marito. Una seduta di shopping da Zara, dove Emma sceglierà un vestito che le regaleremo. Vestizione prima della cena con look a tema e make up. Cena. Scrivo e comunico.

Quarto passo. Ringhiare come un cane rabbioso alle caviglie di ogni singola amica per ottenere risposte. Nel frattempo il flusso di coscienza mi ha portato l’idea di un book di ricordi. Ognuna dovrà compilare un “questionario” da me preparato e inviarmelo insieme ad una foto con la futura sposa. Una fatica vera. Non tutte sono come me sempre attaccate a computer, Iphone e Ipad. Non tutte sono addicted. Beate loro. Ma devo stampare tutto, ritagliare i margini e incollare. Il  mio cervello fa una cosa alla volta, non gli si può chiedere di più. Ma ce la posso fare.

Quinto passo. Pensare ad un outfit sufficientemente ridicolo con cui Emma si presenterà da Zara per lo Shopping. Una maglietta con una scritta. Un velo artigianale. Dei palloncini bianchi legati ai polsi. Pensare alla scritta, creare velo, gonfiare palloncini.

Sesto passo. Ordinare i cupcakes. Passare al setaccio tutta Milano per trovare i più buoni, quelli meno pesanti, con le migliori decorazioni e il più grande assortimento di gusti. Difficile cacchio. Per me che non amo i dolci ancora di più. Ne devo ordinare tanti, vanno preparati, devo farlo con un po’ di anticipo.

Settimo passo. Pensare al ristorante, prenotare tavolo, accordarsi per il menù e per il vino, pensare a qualcosa da fare durante la cena. La nebbia mi dà tregua perché mi viene un’illuminazione da Premio Nobel. Il mio amico Claudione ha una bellissima enoteca in zona Corso Como, il Cinghiale Rosso, il nome è di buon auspicio. Lo chiamo e lui è delizioso. Ci riserva tutto il locale per la serata, mi fa preparare un menù su misura e mi concede di poter usare il biliardino in dotazione al ristorante. Faremo un torneo. Che ovviamente, per dormire sonni sereni, dovrò vincere scegliendo la socia migliore. Non si concede nulla.

Le ragazze sono fantastiche. I questionari compilati fioccano, le foto anche. Tutte offrono aiuto e collaborazione. Siamo una squadra. Emma’s Bachelorette party sarà un successo. Ne sono sicura. Lei non si aspetta nulla. Andranno e prenderla e la benderanno. Speriamo che non vomiti in macchina. La maglietta è stampata, “I’m getting married….to a Saint!!”, ho ritirato i cupcakes e li ho disposti sull’alzatina che la mia amica Brigida Forese mi ha prestato. La frutta c’è, il mercato del giovedì di via Calvi non tradisce. Il velo trash è fatto, mi ha aiutata mia mamma, il genio, cucendo un finto tulle su un cerchietto di finte perle. Il book è ultimato e il ristorante è prenotato. Lo spumante è al sicuro in frigorifero. Ho la scorta di caffè, anche se è previsto un caldo porco e ho comprato le gerbere gialle, il suo colore preferito. Sono pure riuscita a scaricarmi una compilation con tutte le canzoni che legano Emma ad ogni amica. Il questionario mi ha aiutata. E ho stampato il tabellone per il torneo di biliardino. Che in un modo o nell’altro vincerò. Ci siamo. Che il bachelorette party abbia inizio…

lunedì 11 giugno 2012

Addio al nubilato. Finto.



Tutto è iniziato come fosse un party d’inizio estate. Poi, quel genio di Francesca Cois, che nulla ha da invidiare (neanche la statura!) al genio per eccellenza, mia mamma, ha virato con forza verso una destinazione decisamente più glamour. Un po’ come essere al timone di una barca a vela, a zonzo per le Baleari, e navigare in acque calme verso la tranquilla e famigliare Minorca. E poi essere investite da un vento favorevole, che fa cazzare la randa, spiegare le vele e andare verso Ibiza, a trasgredire. Insomma, il party di inizio estate si è trasformato in un addio al nubilato. Finto.

L’occasione è nata dall’imminente compleanno di Emanuela Messina, detta Emi Emi. Trentacinque primavere da festeggiare. Ma perché limitarsi ad un banale birthday party? Il genio ha quindi avuto il guizzo creativo, ha coinvolto un altro piccolo genio in erba dal promettente futuro, Elisa Tomasoni, la vera new entry nell’Olimpo dei geni, e ha messo in moto il circo. Non si festeggerà un compleanno. Ma un addio al nubilato in piena regola. Finto.

Emanuela Messina non sta affatto per sposarsi. Manca la Verga. Che non è una metafora penica, assolutamente. E’ un nome in codice, tanto per capirsi. Ai blocchi di partenza si sono presentate le amiche più strette, Barbara Lorenzi, Francesca Ioan e la neo sposa Cecilia Maggioni a cui si sono aggiunte due delle sue sorelle (della neo sposa), la figlia duenne Pipinus, e i due geni. Le avvisaglie del cambiamento di programma hanno iniziato a propagarsi nell’etere già dal primo pomeriggio. Così come ha iniziato a propagarsi il terrore di Emanuela Messina dopo aver preso coscienza di essere nelle mani di Francesca Cois, mie e della new entry dal promettente futuro Elisa Tomasoni. “Quali terrificanti garionate mi accoglieranno?”

A pensare alle garionate è proprio Francesca Cois che fa un giro nel quartiere cinese per fare incetta di trasherie varie tipo velette, mollette con i fiori, guantini di rete e due maschere di cartone. Una della Regina Elisabetta, fresca di Giubileo. L’altra del Principe Filippo. Un nome a caso. A pensare a guantini di altro materiale e gadgets di ogni tipo è Elisa Tomasoni, che, investita del sacro ruolo, lo compie al di là di ogni aspettativa. Io mi premuro di trovare un claim per la festa. Ce l’ho, immediatamente. “Dick Dick where have you been? I’ve been up to visit the Queen!”. E, naturalmente, mi occupo del banchetto. A base di pesce.

Giunge il momento. La festeggiata varca la soglia di casa. Ci sono foto della Regina e del Principe Filippo dappertutto. Il mio claim, rigorosamente stampato, impazza in ogni angolo. 


Abbiamo tutte un fiore colorato in testa. Ci si butta sul vino. E sul pesce. Pipinus si tiene stretta alle gambe della mamma perché ha paura della Regina, “la signora Butta e Cativa”. Poi inizia il carosello dell’apertura gadgets e l’angolo del Confessionale in cui si affrontano temi che toccano i grandi valori della vita. L’amore. L’amicizia. I nasi grossi. La beneficienza. La troppa emozione. In un attimo sono le tre del mattino. Pipinus stramazza, i locali sono chiusi e la finta sposa è appagata. Il suo primo addio al nubilato è stato un successo. Siamo una squadra. Chi volesse contattarci per organizzare feste di finto addio al nubilato è invitata a farlo. Buon Compleanno Emanuela Messina. Dagli un’altra chance.

mercoledì 6 giugno 2012

Pollice marrone. Quasi verde.



La mia amica Gaia Aquino è la regina dei fiori. Non quella delle carte, sebbene anche a Scopone Scientifico sia una vera regina. Lei è l’esperta mondiale di gardening. Ha studiato giurisprudenza, in realtà, e il suo sogno è quello di fare il magistrato. Sua mamma, Gabriella Zanetti detta Zanetti, racconta che da piccola Gaia Aquino aveva la mania di mettere tutto a contratto con tanto di firma in calce: “Io, Gaia Aquino, mi impegno a mettere in ordine la cameretta per fare felice la mamma”. Sono sicura che, se lo volesse davvero, Gaia Aquino, detta Gughi o, per gli amici, Gu, farebbe il magistrato. Però la passione più grande che ha è, senza dubbio, quella per i fiori.

Ghughi è una delle cinque persone più globalmente intelligenti che io conosca. Per fare un esempio banale, una volta abbiamo fatto una gita, lei e io, nella sua casa in collina. Tra le chiacchiere infinite e le notti a scambiarci segreti inconfessabili, che, tra il resto, è uno dei ricordi più belli della nostra amicizia, c’è pure scappata qualche partita a Trivial Pursuit. Non c’è mai stata gara. Avrò vinto si e no una partita su dieci. E solo perché ho più memoria di lei e ho avuto culo nell’imbroccare domande che conoscevo. Ma la sua intelligenza analitica e la sua capacità nel ragionamento mi hanno annichilita. Si vede che al liceo classico, rispetto allo scientifico, il sillogismo aristoteliano viene conficcato in testa dalla quarta ginnasio alla terza liceo. O, almeno, è quello che mi sarebbe piaciuto credere per accettare la bruciante sconfitta. Sono pure riuscita ad accusarla di avere imparato a memoria tutte le domande e tutte le risposte perché il gioco era suo. Invece no, semplicemente, è più intelligente. Porco cacchio.

Un pomeriggio di primavera, constatata la mia assoluta propensione verso un pollice di colore nero, nero pece, dopo anni di piante morte rinsecchite, odore di fiori marcescenti e cadaveri di tronchi in giro per la casa e per il balcone, mi sono decisa a posare le armi, arrendermi e chiedere aiuto a Gaia Aquino. E’ arrivata pimpante, con metro alla mano e quel fare sicuro di chi sa il fatto suo. Ha dato un’occhiata e mi ha dato appuntamento per il sabato successivo. Direzione mercato dei fiori. Quando ho varcato la soglia del mercato mi si è mozzato il fiato. E ho capito subito che l’illuminazione celeste mi aveva inondata. Il mio pollice sarebbe certamente diventato verde. Abbiamo scelto edera e dipladenia. E non abbiamo saputo resistere ad un mazzo di peonie rosa recise. Dieci per ciascuna. Con un profumo che ancora adesso mi suscita una sorta di reverie da madeleine proustiana.

Ma il grosso del lavoro doveva ancora venire. Abbiamo passato un intero pomeriggio più un’altra mezza giornata a mettere argilla, terriccio, invasare, concimare, bagnare. Le nostre unghie erano sporche come quelle di un minatore a caccia di carbone. Il pavimento del balcone e della cucina un campo di battaglia. Ma, finalmente, avevo i miei fiori. Gaia Aquino, detta Gughi, e per gli amici, anzi solo per me, Gu, ha compiuto il miracolo. I miei fiori sono ancora tutti vivi, stanno crescendo, sono sani e forti e me ne prendo cura come fossero animaletti da nutrire e abbeverare. Se le altre mie amiche mi vedessero non potrebbero credere alla trasformazione. Penserebbero ad un mio ologramma proiettato sul balcone da qualche strano marchingegno tecnologico. Il mio pollice nero, nero pece, è diventato marrone. E presto sarà verde. Ora sono pronta per una nuova sfida a Trivial Pursuit.