lunedì 28 ottobre 2013

Galeotto fu il libro e chi lo scrisse


Niente panico. Non copritemi di insulti prima di aver letto. Mi rendo conto che una citazione dantesca come titolo di un post non è affatto da me. Sono in prima linea quando c’è da sfottere quelle noiosone intellettualoidi, vere o presunte che siano, tutte atteggiate a parlare di cultura e a darsi un tono. Molto meglio il low profile, come ho già ripetuto centinaia di volte. Molto meglio parlare di cose leggere, frivole, divertenti. Come dare torto, dopotutto, a chi preferisce leggere qualcosa di poco impegnativo invece che un approfondimento su Dante?

Lo so che non si direbbe. Da buona Brooke Logan della vallata che su Facebook posta solo apprezzamenti per gli Ape Escape, idoli puri di XFactor, e vaccatine varie, è difficile pensare che possa intitolare un post del mio blog - che a sua volta si intitola Rumor has it that, si vocifera che - al verso 137 del V canto dell’Inferno dantesco.

Eppure c’è stato un tempo in cui il buon vecchio Dante accompagnava le mie notti insieme a thermos di caffè. In quel poco spazio che mi rimaneva tra pallavolo, lavoro e discoteca, naturalmente. L’esame di letteratura italiana, alla facoltà di lettere, è quello che ti toglie il sonno, un po’ come il mal di denti. Un incubo. Uno scritto impossibile. Ho visto gente disperata dopo averlo provato 8 o 9 volte. Quasi peggio che l’esame di stato per diventare notaio. O avvocato. Poi c’è la volta che riesci a imbroccare qualche figura retorica o la parafrasi, passi lo scritto e accedi all’orale. Ci sono riuscita al secondo colpo. Una vera fortuna. E il corso monografico di quell’anno era sull’Inferno Dantesco. Unito al programma tradizionale del primo orale di letteratura, ovvero, tutto lo scibile da Francesco D’Assisi ai giorni nostri. Facile.

Ebbene. Arrivo all’orale terrorizzata. Mi boccia dopo 5 minuti esatti. Non so da quale diavolo di parola derivi “Cocito” e tentenno di brutto sulla relazione tra Maometto e l’Antico e Nuovo Testamento. Sono demoralizzata e prosciugata ma mi presento all’appello successivo. Mi fa le stesse, identiche domande. Trenta e lode. Dopo un’ora e mezza sotto torchio. Cammino sull’acqua. Altro che Antico e Nuovo testamento.

La scorsa settimana ci ho dato dentro con la cultura. Anteprima della mostra di Warhol con tanto di imbucamento al cocktail con Mr Brant, proprietario dell’intera collezione esposta e sposato con una gnocca stellare, la ex top model Stephanie Seymour. Un concerto di Beethoven  alla Scala. E una citazione dantesca. Tranquilli, ho ben compensato con Pechino Express, XFactor e, addirittura, Miss Italia su La7. Niente di grave.

Divagazioni a parte, torno sul titolo del post, Galeotto. Oggi, lunedì 28 ottobre, 2013, annebbiata da una cura antibiotica e in procinto di cavare un dente malato per porre fine alla mia sofferenza, ho deciso di essere un po’ Renée Michel, portinaia del numero 7 di rue Grenelle de l’eleganza del riccio. Non ho un gatto che si chiama Lev ma una curiosa rivelazione sulla reale derivazione del consueto modo di dire “Galeotto fu”.

Il canto V è uno dei più belli dell’intera Divina Commedia. E’ il canto di Paolo e Francesca, quello di “Amor ch’a nullo amato amar perdona”, quello de “La bufera infernal, che mai non resta” e di “Quali colombe dal disio chiamate”. Poesia pura. Renée Michel ha i brividi.  Ma Galeotto, chi era?

Paolo e Francesca stanno leggendo la storia di Lancillotto e non riescono a trattenere il loro impeto amoroso quando arrivano al punto in cui Lancillotto si innamora della regina Ginevra.

Quando leggemmo il disiato riso
Esser baciato da cotanto amante
Questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante”.

Galeotto non è altri che Galehaut, nel ciclo arturiano il siniscalco della Regina Ginevra, moglie di Re Artù, che stimolò Lancillotto e Ginevra a rivelarsi il proprio amore. Il libro, nella trasposizione dantesca, assume quindi la funzione che fu propria di Galeauth: fare si che Paolo e Francesca, cognati, cedano alla furiosa passione d’amore e vadano incontro alla propria sanguinosa e infernale sorte.

Giuro che ho finito. Tra poco inizia Beautiful.

2 commenti:

  1. Ciao Ale,
    bel post. Sarà che anche a me piace Dante ma anche...Pechino Express e XFactor ;-) Ricordo anche io l'esame dell'università di letteratura. A me avevano chiesto la morte di Clorinda dell'Orlando Furioso ed era andata bene. Però insomma non è speciale che dopo anni ci si ricorda ancora certi "panico e paura" andati a buon fine? Ma sopratutto che si ricordano cose che per i più possono essere noiose ma che a noi regalano sempre un segreto piacere? Secondo me si!
    Buona giornata ;-)

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    1. Ciao cara Michy, non dirlo a nessuno, ma io con l'inferno di Dante e con i canti di Leopardi ci vado a letto!!!! Un bacione

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