giovedì 3 settembre 2015

DDU



Giorno 4, sera, uno yogurt magro e un frutto.

Ebbene sì. Sono a dieta. Dopo due mesi di vacanza a sfondarmi di vermentino e birra mi sentivo effettivamente un po’ gonfia. E’ bastata una foto al parco a darmi il colpo di grazia: un picnic con le bambine, uno scatto dal cellulare di mia sorella ed eccomi lì, obesa.
E non mi sono neppure arrampicata sugli specchi pensando fosse la foto, la posizione, l’inquadratura, blablabla. Quella panza alcolica lì si vedeva proprio bene, nessuna scusa.
E poi, l’abbronzatura che se ne va, i capelli che cadono, l’apatia settembrina, l’autunno imminente, le mie cose, la bambina con la tosse e sto cavolo. Insomma, un disastro. Vado a recuperare una vecchia bilancia imboscata non so dove con gatti di polvere alti come grattacieli. Per intenderci. Neppure in gravidanza mi pesavo. Lo faceva la ginecologa, sulla sua bilancia, ogni mese. Con buona pace mia e sua: solo 7 chili in tutto. Ma io lo so il perché. La verità è che per nove mesi ho smesso di alcolizzarmi e quindi mi sono sgonfiata. I 7 chili non erano proprio reali. E poi ho vomitato per due mesi. Ecco.

In più, subito dopo aver partorito, di chili ne ho persi addirittura 9, neanche 7. Lo stress, l’allattamento, la partenza in salita, l’affaticamento, il poco sonno. Tre mesi dopo il parto ero davvero magrissima.

Dicevo, dopo aver spolverato al bilancia ci sono salita e il peso non mi sembrava poi così allucinante. In fondo ho nuotato tanto, ho fatto un sacco di camminate, sono corsa dietro a Con Con deambulante. Poi tata Ju Ju mi comunica, con mio grande orrore, che quella bilancia pesa almeno 3 kg di meno. Ok, no panic. Recupero un’altra bilancia da sotto il letto. Ancora più gatti. E’ senza pila. Ne trovo una, la inserisco, salgo sulla bilancia trattenendo il fiato. Oh Oh. Neanche fossi al nono mese. Oh Oh.

Basta scuse, devo mettermi a dieta. Grazie al cavolo, non ho più 20 anni che tanto qualsiasi cosa mangi o bevi sei lo stesso gnocca. Ne ho il doppio. E non gioco più a pallavolo, non mi alleno più tutti i giorni. Ehm, non mi alleno proprio. E’ solo che non sono pratica di diete e che l’unica che ho fatto me l’aveva data mia mamma, il genio, quando per l’immobilità forzata, causa intervento ai legamenti del ginocchio, mi ero un po’ appesantita.

E’ la DDU, in maggioneseDieta Delle Uova, meglio conosciuta come Dieta Plank che però sembra non sia il nome del medico che l’ha inventata. In sostanza è un regime iperproteico molto rigido dove, se non lo sei già, diventi una gallina per la quantità di uova sode ingerite. Promette di far perdere 9 kg in due settimane. Quando l’avevo fatta ne avevo persi 7. Sono motivata. E poi ho tenuto duro di brutto per insegnare a mia figlia Costanza, ariete ascendente leone con luna in leone, a dormire da sola. Dopo settimane di pianti strazianti adesso è un soldatino. Quindi ce la posso fare.

Sono al quarto giorno, me ne mancano altri 10. L’intervallo tra pranzo e cena senza merenda mi fa venire i crampi allo stomaco. E stasera ho solo uno yogurt con un frutto. Porchimmondo. Mia sorella mi ha attaccato la sinusite, sono tutta intasata e ho un mal di testa fotonico. Ma mi sento più sgonfia, la pancia alcolica è già rientrata e l’immagine di quella foto del picnic al parco continua a tormentarmi. Sembro mia zia. E poi stamattina sono salita sulla bilancia. Ho rimosso il peso iniziale ma è cambiato il primo numero quindi tutto ok. Si va avanti. Dopo tutto mia figlia si chiama Costanza mica per caso.

DDU aiutami tu. Vado a vedere Beautiful. Sally Spectra è morta da tempo ma magari vedere Brooke Logan tutta botulinizzata e, soprattutto, single, mi fa sentire gnocca.

martedì 10 febbraio 2015

Rottermeier si diventa. Evviva Tracy Hogg. Dall’alto dei cieli.



Si si. La promessa è ancora valida. Non è un blog di mamme. Giuringiuretta. Però due parole sul “metodo” le devo proprio dire. Per aiutare tutte le mie amiche neomamme e future mamme che se la sentiranno. Di diventare Rottermeier. Perché Rottermeier si diventa.

Che poi sulla signorina Rottermeier si è già detto abbastanza. Qui c’è un’altra signorina in questione. La signorina Tracy Hogg. Pace all’anima sua e all’eredità che ci ha lasciato. Grazie di essere esistita. Dilungarmi sul suo metodo, E.A.S.Y, significherebbe trasformare il mio blog in un blog di mamme. Quello che invece voglio raccontare è come sono arrivata ad amare profondamente Tracy Hogg.

Con Con ha una tata capoverdiana, Ju Ju. Che più che una tata sembra una modella perché è davvero bellissima. Che più che un colloquio ha fatto un casting - con mio marito - prima di diventare la tata ufficiale di Con Con. Che più che la tata ufficiale di Con Con sembra sua sorella maggiore, ergo, mia figlia adottiva. Ju Ju vive con noi da quando Con Con ha 10 giorni. Le ragazze capoverdiane sono dolcissime, pazienti, educate e discrete. Tengono i bambini in braccio tutto il giorno, li addormentano dondolandoli in braccio, li fanno dormire nel lettone e li allattano ogni 5 minuti. Il mio cuore di Rottermeier,nata Rottermeier manca un colpo. E non perché la tata è gnocca.

La mia ben nota ostinazione, i primi mesi della vita di Con Con, era finita chissà dove insieme al suo cordone ombelicale. Seppellita dagli ormoni, dal poco sonno, dall’incapacità di capire il pianto continuo e da una drammatica e concomitante situazione famigliare non sono stata in grado di applicare le regole rigide che mi ero imposta quando Con Con se ne stava tranquilla a sguazzare nella mia pancia. Ju Ju mi ha salvata. Però la faceva addormentare in braccio, guardando Onda latina sul satellite e dondolandola anche per 90 minuti fino a che non crollava. Ecco. Ju Ju ha 24 anni, un fidanzato e degli amici. Il sabato e la domenica è libera. E io mi trovavo il sabato sera a dondolare Con Con in braccio dai 50 ai 90 minuti cantandole We Are One (Ola Ola) di Pittbull, Jlo e Claudia Leitte. Peccato che la signorina abbia avuta una curva di crescita fuori da qualsiasi tabella e che in pochissimo tempo sia arrivata a pesare come un bovino adulto.

Un sabato sera, il bovino adulto non ne voleva sapere proprio di dormire. Avrà avuto circa tre mesi. Mi sono vista da fuori, la regina delle discoteche milanesi, quella che chiamavano free drink perché entrava gratis dappertutto e aveva da bere gratis per sé e per tutte le sue amiche, quella che si metteva le calze a rete sotto la tuta e poi si cambiava al McDonald’s, quella che faceva chiusura dei locali ogni diavolo di notte. Invece ero lì, con una poppante indiavolata in braccio, in camera della tata davanti a Onda Latina. Con il gomito del tennista, il tunnel carpale, e il capolungo del bicipite a pezzi. In quel preciso momento mi è apparsa Tracy Hogg. Una visione angelica dall’alto dei cieli. E mi ha indicato la via.

Dal giorno dopo sono partita con il pick up/put down, un metodo che richiede pazienza, nervi saldi, voce calma e, naturalmente, ostinazione. Dopo qualche giorno il bovino adulto si addormentava allegramente da sola nel suo lettino e nella sua cameretta. E ci dormiva per tutta la notte.

Poi c’è stato il patatrac della bronchiolite. Urla notturne nel silenzio atavico. Contorcimenti. Il corpicino che neanche una stufa di montagna. E Tracy Hogg a puttane. Poi, appena è stata meglio, la mia ostinazione ha preso il sopravvento sulla stanchezza, due prosecchini e via, riapplicare il metodo. Con delle modifiche dovute all’età quindi senza più piccarla up ma solo puttandola down. Dopo giorni e giorni da suicidio inizia a funzionare.  Alla facciazza di tutti i detrattori. Evviva Tracy. Dall’alto dei cieli.

lunedì 9 febbraio 2015

Il venerdì sera



Si lo so. Avevo promesso che non avrei trasformato il blog in un banale diario di mamma. Di quelli che ce ne sono già troppi. Di quelli pieni zeppi di sensazioniemozionilacrimegioiaconsiglinonrichiesti. Non che abbia qualcosa contro i blog delle mamme. Qualcuno è anche brillante. Ma non è per me. Detto ciò, avendo una figlia, con un nome altisonante e, diciamocelo, un tantino radical chic, raccontare fatti estemporanei, colti al volo e trasferiti sui tasti, non può prescindere dal fatto che ci sia lei. Costanza. Cioè, Costanza Alma Teresa.

Eh già. La poverina ha tre nomi. Suo padre è corso all’ufficio anagrafe della Mangiagalli prima che io potessi riprendermi dal meraviglioso rincoglionimento dell’epidurale e dall’adrenalina del parto. Costanza. Perché se lo è meritato. Alma. Perché era la sua bisnonna paterna da parte di nonna. Teresa. Perché era la sua bisnonna paterna da parte del nonno Ezio che ha avuto la possibilità di prendere in braccio la sua piccola nuova nipote per poi volare in cielo quasi subito dopo. Quanto ci manca.

In realtà volevo parlarvi di quella che è sempre stata fino ad oggi la mia serata preferita. Quella del venerdì. Credo di avere scritto anche un post su Facebook, recentemente. In un venerdì sera delirante di gennaio. Perché la signorina Costanza Alma Teresa Toniatti, detta Connie, Ciupiulus, Cius, Coccolina, Connozzo, Connone, Connina, Connielove, Amore dolce, Cocco, CAT, Con Con, ha deciso di ammalarsi esattamente dal 30 dicembre al 30 gennaio. Da esaurimento nervoso. Con puntatina alla clinica De Marchi il 5 gennaio per un focolaio da bronchiolite. E mi ha fatto pure saltare la gita a Londra, Con Con, l’amore dolce della mamma, con tutta la mia famiglia a carico della zia Sara perché zio Kitoff era fuori dalla cuglia. Detto alla maggionese. Porca Puttana. Con la P maiuscola. 

Il post era questo – Control C, Control V -: “Una volta, il venerdì sera, dopo l'allenamento pre partita, io e le mie migliori amiche ci mettevamo le calze a rete sotto la tuta, fingevamo di andare a casa a dormire e a concentrarci sulla gara, ci cambiavamo nel cesso del mc donald’s e andavamo in discoteca fino alla mattina. Ora le mie migliori amiche sono la tata e la pediatra. #‎odiolinverno #‎voglioandareaviverealmare #‎vaffanculoallabronchiolite #‎porcaputtana”.

A parte il porca puttana, con la p minuscola, con tanto di hastag, il venerdì sera, una volta, insieme alla mie amiche Barbara Merlini e Tamara Gorla fisse, con Alice Carrer, Valeria Vigoni e Mariachiara Brambilla detta zia, itineranti, dovevamo fare i numeri per poter sfangare i controlli rigidi di allenatore e presidente e goderci la nostra nottata milanese top. Perché – in teoria – eravamo delle atlete di serie B1, semi professioniste. Pagate persino. Poco, diciamo un simbolico rimborso spese, ma pur sempre pagate. E in quel di Novate si faceva sul serio. Il sabato era il giorno della partita. Allenamento di rifinitura il venerdì, light dinner e tutte a riposare. Ma tamaragorlabarbaramerliniioecceteraeccetera avevamo vent’anni o giù di lì. E il venerdì sera milanese era una sirena troppo allettante. Quindi dovevamo inventarci il piano B.

Il piano B non era particolarmente fantasioso. Dovevamo solo aggirare la Gestapo. Una polizia segreta che mandava in spogliatoio la figlia cinquenne del nostro capitano per farsi riferire cosa stessimo programmando per la serata. Probabilmente le prometteva dei ciuppa ciuppa. Sta venduta. Il nostro presidente conosceva le sue polle. Soprattutto Tamara Gorla, capo pollaio, nata e cresciuta tra la Getsapo novatese. Ma noi eravamo troppo furbe e motivate per farci fottere da una chimera di ciuppa ciuppa.  

Quando Chiaretta, la tenera bimbetta cui era stato promesso un anno di abbonamento ai ciuppa ciuppa, entrava in spogliatoio, fingevamo di parlottare di quanto fossimo stanche e provate, del misero panino che ci aspettava al Mc Donald’s di Cormano, e della voglia di andare immediatamente a riposare. In realtà, avevamo già infilato le calze a rete sotto la tuta e messo il tacco 12 e la gonna inguinale in una busta di plastica. E al Mc Donald’s ci andavamo per davvero. Quando ancora lo stomaco ventenne teneva botta ed  era in grado di digerire senza impegno quel mix diabolico di Junk Food. E nello spazioso bagno del Mc Donald’s di Cormano - quello sulla Milano-Meda, per intenderci -  avveniva la trasformazione. E poi via, direzione Corso Como sul Vitara. Di Tamara Gorla. La tigre. La tigre del Vitara.

Mi manca il venerdì sera? Si, mi manca. Sono leopardiana e ferocemente aggrappata all’illusione giovanile. Mi manca tutto, anche il Big Mac con la cipolla e il cetriolo. Anche se adesso il mio stomaco quasi quarantenne non è più in grado di digerirlo. E nemmeno il mio culo. Di quasi quarantenne. Mi manca ma non farei cambio. Perché Costanza Alma Teresa Toniatti è in buona compagnia. C’è Ryan Gorla Zaccone, quasi 7 anni. C’è Lola Rafales Merlini, quasi 6. E c’è lei. E se lei non ci fosse io starei naufragando in questo mare. Un naufragar che non m’è poi così dolce.

E mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei.

#‎porcaputtana




venerdì 6 febbraio 2015

La signorina Rottermeier



Ieri mi hanno dato della signorina Rottermeier. In effetti non è la prima volta. Ah già, sono tornata. Quei miei quattro affezionati lettori che da un anno e mezzo mi stanno reclamando avranno di che leggere. Che poi sono mia sorella, una mia amica, mia zia e una amica di una mia amica. Mica critici da premio Pulitzer. Anche se la mia amica e l’amica della mia amica ne sanno. Di scrittura.

Vabbè. Avevo iniziato, nel lontano autunno del 2013, con il filone Dante. Quello lì che nel mezzo del cammin della sua vita si era ritrovato in una selva oscura. Dopo aver svelato citazioni fake, cavalli di Troia e Galeotti ho avuto un arresto. Non cardiaco. Gravidico. La pregnanza mi aveva preso male e mi aveva prosciugato la vena creativa. Ero tutta presa a fare conti sul diametro biparietale e la circonferenza cranica. Ah no anche il femore e il cervelletto. E se ci ripenso vomito.

Mia figlia è uscita nuda e perfetta. Certo si, un po’ testona. Ma è ariete ascendente leone con luna in leone con una mamma e un papà che proprio degli angioletti non sono. Anche se in realtà intendevo testona perché ha il diametro da tempia a tempia al 90esimo percentile.

Naturalmente, il mio ritorno alla scrittura, non significa un passaggio repentino da Dante alla poppante. Da un blog di letteratura a un blog sulla vita dura. Che poi ci ho buttato dentro la rima baciata AABB senza accorgermene. Dante Poppante Letteratura Dura. Anni di metrica mica per ridere.

Ma torniamo alla nostra Rottermeier. Io non me la ricordo tantissimo in verità. Heidi lo guardavo da piccola. Era l’istitutrice e la governante che si occupava dell’educazione di Clara. Mi sembra. Ed era una tipa super rigida con la faccia sempre incazzata. La signorina Rottermeier nel tempo è diventata un’icona. E oggi si usa definire Rottermeier qualcuno che usa regole rigide nell’educazione dei figli, che cerca di applicare le buone maniere, che ha un aspetto altero e severo e che è acida come un limone immaturo. Embè?

Bene. Ieri sera mi sono beccata della Rottermeier. Solamente perché cerco di insegnare a mia figlia di 10 mesi ad addormentarsi da sola. Perché la faccio piangere. Perché non voglio che giochi o si distragga quando sta mangiando. Perché vieto assolutamente che guardi la televisione. Perché le faccio mangiare solo cose biologiche e fatte da me. E, comunque, l’ostinazione paga.

E’ stata la mia bistrattata amica Brigida - a cui chiedo pubblicamente scusa se a volte ho trattato anche lei da Rottermeier - a dirmelo. Della Rottermeier. Un po’ lo sospettava ma non pensava che io fossi veramente la Rottermeier. Che poi, detto tra me e i miei 4 affezionati lettori, sono andata a cercarmela su youtube ed è identica a me. Cipollotto in testa, occhialini, collo alto e faccia incazzata. Mi arrendo. Sono la Rottermeier. Embè?