venerdì 5 aprile 2013

Nostra “Signora” delle scoppole



Avere un marito gobbo bianconero, sei tu sei da sempre milanista rossonera da curva, non è proprio un bell’affare. Lo sfottò rubentino è fastidioso allo stato puro. L’interista è più tollerabile, dopo anni di frustrazione è arrivato il triplete di impronta mourinhana che ha salvato l’altra parte di San Siro dal giorno del giudizio. L’interista merita il purgatorio. Il gobbo rubentino la serie B.

Detto questo, il limite di tollerabilità è stato raggiunto dopo che un signorino che di nome fa Lionel Messi, ha dato il via alla remuntada nello stadio del Camp Nou. Quattro pappine e la Champions vola via. Adios. Con buona pace dei dietrologi che volevano il 2-0 di San Siro come una trovata Berlusconiana pre-elettorale ma che hanno visto le loro teorie infrangersi sul palo di Niang. Che dolore. Il fenomeno Barça passa il turno. Il Milan torna a casa. E i rubentini fanno partire i caroselli che neanche dopo il gol di Fabio Grosso ai mondiali del 2006. Disgusto vero.

Senza stare a disquisire di calcio non avendo una competenza più che appropriata, anche se, per essere una femmina, ne capisco alla grande, avere un marito gobbo bianconero ha anche dei vantaggi. Ti permette di girare il mondo e di gufare da vicino.

La Juve finisce al sorteggio con il Bayern. Si parte per Monaco. Di Baviera. Ollallà. Il giorno dopo Pasquetta con zero gradi e un consistente numero di gufi nel bagagliaio. Evviva. La città bavarese pare essere bellissima. Una piccola Berlino ma meno bombardata e senza muri. Ho già l’acquolina. Scelgo un bell’albergo in centro, bello davvero. Dopo l’esperienza turca non voglio dentiere attaccate all’orecchio e pentole di fagioli sul fornello. Il gruppo vacanze si avvia, siamo in 5, tre gobbi, una milanista e una tiepida interista.

I ragazzi sono tesi. Ci si affoga nella birra e ci si strafoga con il crauto bello aggressivo il wurstel ammiccante e lo stinco di maiale geneticamente modificato. Siamo finiti nel covo. E’ una sinfonia di cori, una lotta impari tra la moltitudine rubentina e i pochi crucchi pro Bayern. Per sedare gli animi arriva la cameriera, una cinquantenne magra e sciupata tutta grintosetta che nel suo abito tipico picchia il pugno su una tavolata urlando con voce gutturale e inquietante: “Bunga Bunga”! Scompaio sotto il tavolo.

La “Vecchia Signora” sta per scendere in campo. Ci siamo. Il trio rubentino parte alla volta dello stadio con tanto di pashmina bianconera – la sciarpa è troppo cheap – e cappellino. Hanno trovato i biglietti in piccionaia ma l’importante è esserci. La tiepida interista e io facciamo le turiste per la città. Zero gradi. Ma Marienplatz è bellissima. Vuoi mettere?

I gufi intorpiditi nel bagagliaio iniziano ad agitarsi. E’ ora di liberarli. Dopo neppure trenta secondi la “Signora” è sotto. Oh cacchio. Inizio a preoccuparmi per le conseguenze. Porco cane. Ma in fondo è giusto. Hanno sfottuto allo sfinimento quando Messi ha segnato il primo gol. E’ giusto. Il Bayern segna ancora. Oh Oh. Due a zero e triplo fischio. Si va a cena.

E’ proprio la cena il pezzo forte della trasferta. Scelgo con cura il ristorante, una taverna bavarese tipica con cucina locale. Le reviews di Trip Advisor sono ottime. Perfetto. Il menù è in inglese, no problem, it’s ok. Ci arrivano i piatti tipici, mappazzoni veri, come direbbe il buon Bruno Barbieri. Chef stellato, mica pizza e fichi. La zuppa di cipolle bavarese contiene un disgustoso canederlo di liver, fegato. La crema di patate è un miscuglio terrificante di wurstel rinsecchiti. Il bollito è uno stracotto freddo con un’improbabile vinaigrette al prezzemolo. Ma il piatto campione è quello che ordina la tiepida interista su suggerimento di noialtri commensali. “Home made pork with potatoes”. “Che vuoi che sia? Stinco, vai tranquilla.” Le arriva un aspic di maiale gelato. Lo guarda disperata. Rimane intatto. Si va a Bretzel e Kartoffeln. Danke. E’ la punizione per il triplete. E’ la punizione per essere rubentini. E’ la punizione per quel palo di Niang. Ma la “Signora” può ancora farcela. I gufi sono carichi.


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