giovedì 3 marzo 2016

La tata di riserva



Riserva. Quella che quando si giocava seriamente a pallavolo stava in panca. Quella che faceva riscaldamento e poi si infilava la felpa della tuta fino alla fine della partita. Se tutto andava bene. Pronta ad essere chiamata per entrare in battuta, all’ultimo momento, con due sbracciate al volo per scaldare la spalla. E poi via la felpa, sui tre metri per il cambio, fischio dell’arbitro e battuta in mezzo alla rete. Se non addirittura sotto. Con lo spauracchio di dover portare le paaaaste il lunedì successivo. E tutti quelli che hanno giocato sanno benissimo a cosa mi riferisco. Paaaaasteeee.

Storia antica. Purtroppo. Ora lo spauracchio non è più rappresentato da una battuta sotto la rete. Che poi, fortunatamente di panca ne ho fatta davvero poca. Anche se, c’è da dirlo, ho finito la mia “carriera” proprio in panca, anzi, secondo libero in panchina. Deprimente.

Adesso la mia parallela carriera di madre mi ha imposto  di trovare una tata da mettere in panchina. Non vi illudete, amiche mamme, Ju Ju rimane saldamente al suo posto titolare. Solo che Ju Ju per il week-end va prenotata con qualche settimana di anticipo. Così è nata l’esigenza di una tata di riserva per il sabato sera/domenica pomeriggio quando tutto il mondo organizza qualcosa e ci invita e noi diciamo sempre no.

Sul web c’è una geniale piattaforma per genitori e baby sitter che ti permette, con iscrizione gratuita, di trovare persone disponibili nella tua zona, sia full time che per poche ore. Appena inserisco user, password e il mio annuncio iniziano a fioccare richieste. Leggo, valuto, prendo in considerazione e inizio a contattare ragazze che corrispondono alle mie esigenze. L’identikit ideale è una giovane studentessa, ventenne o poco più, che abbia tempo libero nel fine settimana e voglia di guadagnare qualche soldino. Lo abbiamo fatto tutte. O no?

Fisso i colloqui con un programma serratissimo: 18.30, 19 il primo giorno. 18, 18.30, 19, il secondo giorno. Arriva la prima, studentessa, 20 anni. Entra in casa e mi dà del tu. Lusinghiero, per carità. Ma a vent’anni non è accettabile dare del tu di default alla mamma della bimba a cui dovrai badare. Quale bimba? Tra l’altro. Costanza non viene degnata di uno sguardo. E vi risparmio il livello dei contenuti del colloquio. A parte la risposta “lhocambiatounavoltaamiocugino” alla domanda “saicambiareunpannolino”.

Arriva la seconda, anzi, non arriva. Alle 15.18 mi manda un sms chiedendo di poter arrivare 20 minuti in ritardo sull’orario stabilito. Accordato. Ma non arriva. 15 minuti dopo l’orario previsto ecco un altro sms:

Sono in macchina, sto arrivando…la mia vicina di casa si è sentita male nel pomeriggio e ho aspettato con lei che i figli arrivassero da Torino…ora il compagno di sua figlia mi sta accompagnando in auto, 5 minuti e sono da voi…mi dispiace tantissimo per il ritardo”

Naturalmente i 5 minuti sono 20. Cerco di liquidarla, ma mi dice di essere sotto casa. La faccio salire, abbiamo avuto tutti vent’anni. Entra in casa, tutta trafelata, naturalmente mi dà del tu e non guarda neppure la bambina. Parla di sé a macchinetta senza prendere fiato, precisa che lei non è disponibile a Natale, Pasqua e feste comandate e se ne va. Anche Ju Ju è perplessa. Ma non dice nulla. Mentre Connie continua a ripetere in loop il nome delle due aspiranti tate. Siamo a cavallo.

Il giorno dopo è quello decisivo. Tre appuntamenti. Sono fiduciosa. La ragazza delle 18 non si presenta. Venti minuti dopo la chiamo, non risponde. Mi risponde con un sms qualche minuto più tardi:

“Buonasera signora Alessandra mi scuso immensamente ma avevo segnato nella mia agenda il prossimo mercoledì e in più mi è impossibile raggiungerla ora perché sono ammalata. Mi scusi ancora, so che per un colloquio è ingiustificabile sbagliare giorno. Se vorrà ancora incontrarmi, considerata la febbre, sarebbe meglio la prossima settimana, scusi ancora.”

Sono allibita. Almeno questa mi ha chiamata signora Alessandra. Ma sono allibita.

La ragazza delle 18.30 già parte male perché un’ora prima, sempre tramite sms, mi aveva chiesto di poter portare un’amica. Allucinante. Qualche minuto prima dell’orario stabilito mi arriva, naturalmente, un altro sms:

“Salve, io sono in piazza della repubblica, sto cercando civico 8”

Mi parte una risata isterica. Ju Ju e Connie mi guardano, preoccupate. La signorina ha sbagliato piazza. Prendo il telefono e chiamo dicendole di lasciar perdere. Insiste. Ma le spiego gentilmente che alle 19 ho un altro colloquio.

L’aspettativa sulla ragazza delle 19 è altissima. Arriva, puntualissima. Entra, mi dà del lei, si toglie le scarpe e fa due moine alla bambina. Ci siamo. Però ha trent’anni. E un po’ di mestiere. Mi mette addirittura il CV sul tavolo prima di accomodarsi. Ha fatto il liceo classico ed è laureata in comunicazione ma non trova lavoro nel suo campo e quindi cerca come baby sitter. Mi fa tenerezza e vorrei fortemente credere di averla trovata. Ma so che non è lei, la tata in panchina, e anche mio marito, presente al colloquio la boccia prima di emettere la sentenza con la sua voce fuori campo: “cerca una ragazza straniera che abbia davvero bisogno di lavorare”.

E’ illuminante. Stupida io a non pensarci prima. Scandaglio il sito alla ricerca di ragazze di colore. Sono le mie preferite. L’occhio mi cade subito su di lei, Candide, nerissima e con un sorriso dolcissimo. La convoco per il giorno dopo e lei viene subito. E’ amore a prima vista. Tutta un’altra cosa.

Ora, il tema è questo. Ricordando i miei vent’anni tra pallavolo, università, lavori di ogni tipo, dalla commessa al mercato alla barista, dalla gavetta come giornalista alla gestione di un negozio di maglie da calcio d’epoca, che problema hanno le giovani studentesse italiane del 2016? E’ un fatto generazionale o un fatto educativo?

Perdonate lo sfogo, affezionati lettori, vi prometto di scrivere più spesso e con la solita sollevante ironia.



Nessun commento:

Posta un commento