martedì 24 aprile 2012

Romanticherie



Adoro ascoltare storie romantiche. Tutta colpa dello Sturm und Drang. E forse anche un po’ della mia professoressa di lettere del liceo. Quando in classe leggevamo “La morte di Ermengarda” dell’Adelchi manzoniano o “Ultimo canto di Saffo” di Leopardi il mio cuore scoppiava di infinita pietas per quelle letterarie eroine romantiche che morivano d’amore. Assoluto. Titanismo. Struggente tensione verso l’inafferrabile infinito. Mi sudano le dita sui tasti solo a pensarci. Per non parlare poi dei vari Wordsworth, Coleridge, Shelley e, soprattutto, John Keats, puro nostalgico della perfezione classica. La sua “Ode on a Grecian Urn” mi ha fatta piangere più dell’ultima puntata di Lady Oscar. E poi “la Zattera della Medusa” del pittore romantico francese Théodore Géricault. Quando l’ho rivista al Louvre in un recente viaggio parigino sono rimasta imbambolata per dieci minuti davanti al dipinto con la mia amica Barbara Ceni che mi guardava come fossi una pazza.

Adoro invitare a cena coppie di amici. Tutta colpa del romanticismo. E forse anche un po’ della mia passione per la cucina. Il punto è che quando le coppie di amici accettano l’invito sono ignari dei due tranelli di cui saranno vittime. Il primo è l’essere cavie dei miei esperimenti culinari che prevedono mix di sapori e di colori. Il secondo è l’essere interrogati sul primo incontro e sulla nascita della loro storia d’amore. Non si scappa.

Una domenica sera ho invitato una mia carissima amica con il marito. Era la prima volta che venivano a cena e si sono salvati da esperimenti estremi solo perché lei aspetta un bambino. Non me la sono sentita di esagerare. Dopo gli antipasti la trappola è scattata. Era arrivato il momento. “Come vi siete conosciuti? Quando avete deciso di sposarvi? Mi raccontate la vostra storia?” Mio marito li ha ammoniti. “Parlate il meno possibile se non volete essere pubblicati sul blog”. Hanno parlato.

Ha iniziato lei a immergersi nel ricordo. Aveva 13 anni quando lui, di un anno più grande, l’ha vista per la prima volta. Erano in un grande parcheggio e stavano partendo per un torneo di pallavolo. C’erano diverse squadre, maschili e femminili e lui, tra tutte le ragazze, aveva notato quel faccino furbo e bellissimo. Ha continuato lui, confessando, confessandomi che in quel momento il suo unico pensiero è stato “io la sposerò”. Si sono incontrati altre volte, hanno avuto altre storie. Ma lui è rimasto sempre segretamente innamorato di lei.

Anni dopo, lei ha iniziato a vederlo in una maniera diversa. Sono usciti, hanno guardato un film e bevuto una coca cola. Poi si sono dati il primo bacio. Anzi, lui le ha rubato il primo bacio. Il rapporto è cresciuto, lui le ha svelato di amarla da sempre, dal momento in cui, una quindicina di anni prima, l’aveva vista con una tuta di lana blu e bianca in quel parcheggio. Lei lo ha abbracciato, lo ha guardato in quei suoi occhi intensi e sinceri e ha capito che sarebbe stato l’uomo della sua vita.

Una sera, lei torna da un viaggio di lavoro in Polonia. Che non è la Polacchia, intendiamoci. Scende dall’aereo e chiama lui che le dice di raggiungerlo in un posto. Lei è stanchissima, si è alzata presto, è demoralizzata perché il lavoro è faticoso e poco appagante e ha solo voglia di andare a dormire. Ma lui insiste e lei lo asseconda. Segue le indicazioni e si trova in un grande spiazzo. Parcheggia e scende dall’auto. Lui la vede da lontano e, lentamente, le va incontro. Sono uno davanti all’altra. Poi lui si inginocchia e le porge una scatolina. Quella scatolina. Contiene un anello. E con la voce rotta dall’emozione le chiede di sposarlo. Sono in quel parcheggio. Nel loro parcheggio. Dove lui l’ha vista per la prima volta e si è innamorato di lei.

Lei ha pianto, in quel momento. Io avevo la candela al naso e gli occhi umidi, dopo aver esaudito la mia curiosità sul loro amore. Ora aspettano un bambino ma non vogliono sapere il sesso. Si chiama fagiolo. E sarà un bambino fortunato. Io invece, da oggi in poi, temo che non avrò mai più ospiti a cena.


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